La feroce epopea degli hyksos comincia ad offuscarsi quando contro questi usurpatori del potere faraonico prende a delinearsi, sempre più potente, una nuova dinastia. Per la verità, la XVI e la XVII dinastia altro non sono che stirpi anche cronologicamente parallele alla XIV e alla XV. I loro principi, legittimi per origine, continuano a regnare su Tebe, non riconoscendo il potere degli hyksos, e anzi opponendosi per quanto possibile alla loro tracotante superbia. Figure come Seqenenre Tao I, detto il Vecchio, e Seqenenre Tao II il Coraggioso si distinsero in questo. Ma fu il principe tebano Kamoses a prendere per primo, nel 1555, una concreta iniziativa bellica per liberare l’Egitto. Appena 5 anni dopo suo fratello Amosi sconfiggeva definitivamente gli hyksos e saliva al trono faraonico come capostipite della XVIII dinastia. Si inaugurava così, in maniera assolutamente trionfale, il Nuovo Regno (1550-1070 a.C.), che avrebbe visto succedersi la XVIII, la XIX e la XX dinastia. Fu un’epoca di incomparabile splendore per tutto l’Egitto. L’esperienza terribile della dominazione straniera aveva lasciato nella popolazione e nei suoi sovrani un inappagabile desiderio di sicurezza, che li avrebbe spinti per secoli verso un continuo tentativo di conquista dei paesi confinanti. Un espansionismo tanto pronunciato favorì però anche i contatti con gli altri popoli e di conseguenza pure gli scambi commerciali. Così nella terra dei faraoni continuarono a giungere per decenni e in grandi quantità gli splendidi tesori conquistati in battaglia, i tributi degli stati vassalli e le merci preziose dei mercanti, che con le loro carovane cominciavano a percorrere le piste del deserto. Tanta opulenza ebbe in breve tempo ben visibili ripercussioni: la capitale, Tebe, crebbe e si ammantò di una magnificenza architettonica senza precedenti; i templi di Amon, divinità che si andava affermando come la principale del pantheon egizio, traboccavano di offerte e di tesori; la popolazione cresceva insieme all’economia. Una così generalizzata ostentazione di potenza finì però per risvegliare sopiti interessi: la ricchezza dei sacerdoti di Amon, protetti dai primi sovrani della XVIII dinastia, finì per provocare scontento fra le schiere degli aristocratici, che caldeggiarono la rivoluzione religiosa di Amenofi IV, culminata nell’affermazione del culto del dio Aton. La rivincita di Amon costituì il preludio all’avvento della XIX dinastia (1307-1196 a.C.), celebre per i suoi sovrani bellicosi che si spinsero in cerca di conquiste contro siriani, libici e ittiti. In onore del dio Amon si innalzavano templi maestosi, come quello celeberrimo di Karnak, per costruire i quali non si esitava a distruggere edifici altrettanto magnifici, riutilizzandone i materiali. Intanto l’Egitto estendeva la propria influenza fin oltre i confini della Mesopotamia. Solo una sempre più diffusa corruzione (inevitabile in presenza di una tanto imponente ricchezza), unita ad una serie di terribili eventi naturali (terremoti, carestie, epidemie, sconvolgimenti climatici), fu capace di minare alle fondamenta la potenza dei faraoni del Nuovo Regno che, con la fine della XX dinastia (1196-1070 a.C.), conobbe un inarrestabile declino.